Smart Working, una opportunità per le nostre aziende?

Per comprenderne i pregi è necessario capire in primis cosa è lo smart working ma soprattutto cosa non è. Quello che non è:  il Telelavoro, nato negli anni ’70 grazie al quale, con l’affacciarsi delle nuove tecnologie, le persone potevano lavorare da casa;  non è il “distacco” con il quale i lavoratore è tenuto obbligatoriamente  a legarsi a un luogo fisico fisso in cui lavorare con un  tempi di lavoro  ben definiti.
Se non è tutto questo allora lo smart working   rappresenta un nuova modalità lavorativa in cui gli orari e gli spazi diventano “liquidi” non più determinanti nella gestione della prestazione lavorativa, dove  lo smart workers può permettersi di lavorare  in qualunque luogo si possa trovare con un computer o uno smartphone, con gli orari che vuole.
Lo smart working di fatto rappresenta un nuovo modello organizzativo del lavoro centrato sulla gestione della «flessibilità» della prestazione lavorativa, degli orari e degli spazi non più asset determinanti  per garantire la produttività del dipendente.
Quindi i driver su cui si poggia lo smart working  sono,  le persone e la gestione del proprio lavoro, non più centrato sui compiti ma sugli obiettivi da perseguire, la tecnologia agile necessaria per consentire l’accesso dei dati da remoto, Il monitoraggio e la valutazione costante dei risultati conseguiti dal personale fuori controllo diretto visivo in azienda.
Se nella maggior parte dei casi, la motivazione che spinge le aziende ad adottare lo smart working,  è l’abbattimento dei costi della sede fisica,  con l’utilizzo  del dipendente a distanza, dalle ricerche condotte a livello Europeo sullo smart working  emerge che le aziende italiane non colgono questa opportunità, tant’è che l’Italia si colloca agli  ultimi posti per impiego dello smart working.
Ma allora la vera domanda è perché le aziende italiane non adottano il “lavoro agile”?
Credo che alla base ci sia una questione culturale nelle nostre aziende ancorate sempre a vecchie logiche di un lavoro tradizionale basato sul controllo diretto della risorsa sulle attività e sui compiti.
Il cambiamento quindi è culturale e di formazione del management.   Necessitano nuove competenze che permettano ai manager di responsabilizzare le risorse fornendogli quella autonomia necessaria per gestire ed organizzare il proprio lavoro orientato, non più al compito ma al raggiungimento degli obiettivi.
Gestire le risorse per obiettivi consente di misurare il reale contributo al raggiungimento della performance aziendale da parte dei singoli lavoratori, consente di coordinare gli sforzi di tutto il gruppo, chiarisce le responsabilità di ciascuno ed aiuta la direzione da intraprendere per determinare il risultato.
Quindi un sistema di gestione delle risorse umane basato sugli obiettivi vuol dire sviluppare  e diffondere una cultura organizzativa orientata ai risultati ed all’efficienza basata sulla programmazione e sulla misurazione dei risultati. Questo rappresenta un presupposto per migliorare i risultati promuovere la cultura della responsabilità e favorire lo sviluppo e la crescita delle risorse.

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